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Questi testi, scritti dopo i tragici eventi dei Balcani (e che purtroppo ne anticipano gli ancor più drammatici sviluppi), non solo danno l'idea di una parola poetica che s'immerge - facendola propria - in una natura sconvolta e dolente che partecipa insieme all'uomo al processo di consunzione nichilistica dell'Occidente, ma cercano a fatica di esprimere una nuova rivelazione del reale o meglio dell'inafferrabilità del reale, il momento e il luogo in cui le cose tangibili si "sottraggono alla mano che le cerca e il culmine del loro sviluppo coincide con la morte". Il ritmo incessante delle diverse stagioni che si susseguono è tormentato dalla malattia, dallo sfinimento e dalla "perdita di senso": e l'uomo è spettatore-protagonista di una tragedia da lui stesso voluta.